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sul concetto di naturale
il concetto di antropizzazione implica il sempre più difficile compito di stabilire o individuare un confine tra ciò che comunemente viene inteso per realtà naturale e quel che è considerato artificiale. in genere si è portati a intendere come naturale tutto ciò che non ha a che fare con l'intervento umano. in realtà il compito appare sempre più arduo se si pensa che quel che intendiamo come realtà naturale oltre a comprendere l'essere umano come sua parte integrante "in teoria" dovrebbe inglobare indistintamente anche tutta la sua produzione e i suoi sottoprodotti (allo stesso modo in cui, su altra scala, un batterio ingenera delle modificazioni nell'ambiente in cui vive).
dunque se quella umana è una prospettiva soggettiva più che legittima, questa viene comunque a scontrarsi ripetutamente con l'”oggettività” di una realtà più estesa se non del tutto rappresentata da materia bruta indifferente (cioè priva di consapevolezza) per lo più dotata di una soglia di coscienza differente da quella del genere umano.
nello stesso tempo da un punto di vista relativistico se è ormai scontato che il mondo naturale non è esclusivamente funzionale alle prerogative umane, non lo è neppure l'idea di una natura in sé autosufficiente (non relata). se infatti il soggettivismo ha dei limiti ben precisi che possono degenerare in una visione egocentrica del mondo, anche il suo contrario, cioè una visione in cui la pluralità di prospettive “relativamente” soggettive di tutte le sue componenti siano del tutto estromesse, potrebbe far pensare ad una entità naturale astratta, idealizzata: una realtà separata.

in realtà nel linguaggio comune quel che viene inteso per naturale sovente è il risultato di un lungo processo di “relativo” assestamento e interazione del mondo naturale circostante nel campo del possibile.
il risultato cioè di un procedimento che attraverso ripetuti tentativi ha determinato equilibri, inscritto codici genetici, consentito la creazione di nicchie biologiche e da cui è emersa la possibilità anche per gli esseri umani di esistere in quanto tali.
è proprio questa consapevolezza ad ingenerare, non senza buone ragioni, un senso di sicurezza e la convinzione che ciò che si intende come naturale racchiuda in sé quella stessa grande ricchezza e potenzialità che ha consentito la nostra stessa esistenza ... o comunque l'idea di una sua implicita complementarietà. una considerazione senza dubbio condivisibile ma che, portata alle estreme conseguenze, potrebbe rivelare una componente pessimistica non immediatamente percepibile e non sempre giustificata.
questo avviene in quanto talvolta viene adottato un approccio statico al problema anche se giustificato da un'esperienza largamente condivisa: quella rappresentata dal fatto che "tutto scorre" e che questo movimento in molti casi coincide con il trascorrere, l'esaurimento di risorse, il consumo e continuo deterioramento delle produzioni umane, l'invecchiamento, la fine di molte cose, compresa la nostra stessa esistenza.
lo stato di allarme che ne consegue è ancor più comprensibile se si pensa, ad esempio, a come alcune specie biologiche molto aggressive siano arrivate al punto di distruggere completamente l'ambiente stesso che li aveva generati autodecretando la loro stessa estinzione.
allo stesso tempo però questa è solo di una parte del problema.
infatti l'idea che lo stesso ambiente naturale che ha consentito la nostra esistenza porti con sé un potenziale espresso ai massimi livelli nella sua fase iniziale e che in quanto tale debba essere preservato perché destinato ad un progressivo o comunque irreversibile esaurimento, non è del tutto corretta.
mentre nel caso della morte di una stella (che però si esprime in tempi geologici passando tra l'altro per vari stadi) questa è un'evenienza che percepiamo come irreversibile, per quanto riguarda il consumo di risorse sul nostro pianeta, a cui si fa normalmente riferimento nell'affrontare il problema, sappiamo che, nella scala temporale d'azione relativa al genere umano e al soddisfacimento delle sue necessità, il consumo di risorse può benissimo essere contrastato e addirittura invertito con pratiche di rinnovabilità e immagazzinamento di energia altrimenti destinate alla dispersione.
la presenza umana e una tecnologia adeguata, in tal senso non solo non sarebbero più da considerarsi agenti di dissipazione delle risorse naturali ma addirittura una potenziale fonte di rigenerazione di quello stesso ambiente che ha consentito la nostra esistenza.
se l'entropia è qualcosa con cui dobbiamo per forza fare i conti, e il concetto di “transitorietà” è qualcosa di inevitabile, nonché talvolta doloroso, è anche vero che, sovente i margini e tempi in cui le cose sono destinate a scomparire non sono immediati ma al contrario consentono sviluppi che aggiungono valore e senso alla loro esistenza.
...per quanto riguarda invece il destino del sistema solare, si tratta al momento di un problema piuttosto irrilevante o comunque estremamente lontano.
nel frattempo ci è concessa la possibilità, seppur entro certi limiti, di invertire questa tendenza e addirittura, come è d'obbligo per ogni essere biologico che voglia sopravvivere, di stare ad un pur piccolo passo avanti rispetto all'entropia.
se tutto ciò che esiste è naturale sorge piuttosto il problema relativo ad azioni e reazioni del mondo naturale caratterizzate da determinate e differenti soglie di coscienza o incoscienza. di come queste, in modi e tempi differenti, possano incidere sul mondo circostante e sulle condizioni necessarie alla nostra sopravvivenza in quanto natura noi stessi.
il fatto cioè che il comportamento umano sia teleonomico e costellato di scelte, è una caratteristica che può consentire una grande efficienza e incisività nei confronti del mondo circostante. ma, come tutti gli strumenti, è una lama a doppio taglio che può ritorcersi contro di noi.
allo stesso tempo, parlando di natura da un punto di vista soggettivo, cioè in quanto esseri umani, dobbiamo ammettere che questa non è solo “materna” e, dalle violente e potenti catastrofi, pur naturali, che talvolta si esprimono in tutta la loro terribile e “indifferente” violenza, siamo costretti anche a difenderci.
del resto se errare è umano, in quanto l'apprendimento per il nostro genere è progressivo e non immediato - un processo piuttosto che una reazione deterministica - è altrettanto importante che le nostre azioni non sommino problema a problema come, e con cattiva coscienza (cioè non in buona fede), purtroppo abbiamo già potuto constatare in più occasioni.
p.z. per "un metro quadrato di terreno" - 10 settembre 2011


progetto: "un metro quadrato di terreno"
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